“Il sito di aste rinnova l’accordo per combattere l’italian sounding. Ma in due anni gli annunci rimossi sono stati solo 386…”
E’ il sottotitolo di un recente articolo della rivista WIRED che poi inizia affermando che “Considerata la mole di annunci su eBay il risultato è misero”. Sempre nello stesso articolo si legge che Andrea Moretti, direttore affari legali di E-Bay in Italia conferma che il colosso dell’e-commerce è fortemente impegnato nella lotta alla contraffazione, affermando che questo è da sempre uno dei temi chiave per eBay.
Contraffazione, appunto, ma qui non si parla di contraffazione, la maggior parte dei prodotti Italian Sounding non violano nessun diritto d’autore, nessun copyright e tantomeno nessun brevetto che sono gli elementi chiave tutelati dal programma “Verified Rights Owner” lanciato nel lontanissimo 1998 che consente ai titolari di copyright ma anche di brevetti di segnalare le violazioni.
I concetti di Italian Sounding e contraffazione sono molto ben differenti.
Il primo è un reato punibile dal legislatore nazionale e comunitario, il secondo è in qualche maniera considerato lecito, a dimostrazione di ciò possiamo affermare che non ci sono conseguenze se aziende italiane producono e commercializzano ad esempio un formaggio simile al briè o alla feta richiamando in qualche maniera i veri paesi originari nell’etichetta del prodotto.
Il punto è che i nostri rappresentanti politici sono convinti di avere fatto grandi passi avanti stringendo accordi con queste realtà, ma la verità è che questa può essere una soluzione per combattere la contraffazione non l’italian sounding.
Poniamoci alcune domande:
Chi può vietare a un’azienda cinese di sedie di chiamarsi Trevi o Verdi o Garibaldi e richiamare nella documentazione commerciale aziendale e di prodotto i colori e le tipicità dell’Italia?
Ma soprattutto se un determinato articolo Italian Sounding generasse molte transazioni sul portale e-commerce, chi avrebbe il coraggio di toglierlo? Pretendiamo che una multinazionale totalmente intoccata dai danni derivanti dall’Italian Sounding sposi la nostra causa e prenda dei provvedimenti in merito al fine di tutelare le nostre aziende e i nostri lavoratori? Quali sono i conflitti di interesse a cui andrebbe incontro? Le politiche aziendali della piattaforma e-commerce prevedono davvero l’espulsione per prodotti la cui origine è chiaramente indicata sulla pagina di prodotto (ad.es Bangladesh) solo perché l’etichetta potrebbe in maniera sottile evocare nel consumatore la riconducibilità di quel prodotto ad un altro paese?
La verità è che tutti parlano dei danni derivanti dall’Italian Sounding sotto molteplici aspetti: potenziale ma mancata crescita delle aziende, mancati guadagni, impossibilità di aumento del personale, effetti sull’ indotto… ma solo alcuni hanno compreso che la risoluzione di questa piaga è nelle mani di chi è direttamente danneggiato da questo fenomeno. Le uniche realtà che possono iniziare da subito a migliorare la situazione sono le imprese che esportano i loro prodotti e servizi tutti i giorni, le dirette interessate.
L’ausilio delle istituzioni ricoprirà sicuramente un ruolo fondamentale in futuro ma il nostro parere è che se si vogliono vedere dei cambiamenti in tempi ragionevoli bisogna fare squadra e iniziare delle impegnative attività di sensibilizzazione diretta verso i consumatori, fornendogli garanzie sulle informazioni fornite attraverso l’etichetta dei nostri prodotti.
Leggi l’articolo completo su http://www.wired.it/economia/business/2016/06/23/patto-ebay-ministero/
PHOTO CREDIT: Markus Spiske / raumrot.com